Qualche mese fa abbiamo scritto delle prospettive della produzione di vaccini (e principi attivi di farmaci) utilizzando vegetali come fabbriche biologiche. Da allora il settore ha fatto un passo avanti e oggi, per restare nell’ambito vaccini, sono in fase avanzata di approvazione un vaccino con il Sars-Cov2 e uno quadrivalente per l’influenza.
Il primo è sviluppato in collaborazione dalla canadese Medicago e dal colosso GSK, mentre il secondo vede protagonista la sola Medicago. I canadesi, che hanno anche firmato un accordo con il loro governo per la fornitura di milioni di dosi del proprio vaccino anti-Covid, non sono soli. La tailandese Baiya Phytopharm è in Fase Uno per un vaccino Covid che utilizza le foglie di una specie di tabacco come bioraffineria (come per Medicago), mentre in fase preclinica (test sui topi) c’è almeno il preparato del Keck Graduate Institute americano che si basa su una versione modificata del Virus del Mosaico del Tabacco con la superficie esterna ingegnerizzata per essere uguale a quella del Sars-Cov2 e quindi scatenare la risposta immunitaria.
La tecnologia sta facendo passi da gigante per i motivi che già ricordavamo nell’articolo di qualche mese fa. Innanzitutto i farmaci che utilizzano i vegetali non hanno il problema di potenziale contaminazione che normalmente costringe a protocolli di sicurezza molti rigidi e soprattutto a una fase di test di diversi mesi prima che il prodotto sia utilizzabile. In secondo luogo, i tempi di produzione sono molto compressi e i volumi raggiungibili molto grandi perché è relativamente semplice “scalare” le linee.
Un solo “collo di bottiglia” esiste ancora, ossia l’estrazione dal vegetale del vaccino o del principio attivo del farmaco. Infatti, la modalità di somministrazione dei vaccini plant-based è per ora tradizionale, ossia un’iniezione intramuscolare. I laboratori di ricerca ed alcune aziende stanno invece lavorando su vaccini edibili, ossia assunti per bocca. Non sono una novità (basta ricordare i vaccini antipolio e anti-tifo), ma percentualmente oggi sono minoritari.
I vantaggi sono diversi. Innanzitutto, assumere un vaccino o un farmaco mangiandolo comporta rischi più bassi di reazioni avverse perché il microbioma intestinale tra le altre cose fa da schermo proprio alle reazioni allergiche. In secondo luogo, è possibile dare forma al vaccino come un composto liofilizzato conservabile a temperatura ambiente per lunghi periodi. Inoltre, utilizzando una pianta edule, i requisiti di purificazione si riducono moltissimo. Non per nulla dopo essersi concentrati sul tabacco (una pianta facilmente “asservibile” geneticamente), le ricerche si sono allargate a pomodoro, riso, altri cereali. Non è ancora il momento in cui assumeremo farmaci mangiando un pomodoro essiccato, ma la strada è promettente.
Infine, la tendenza all’assunzione via bocca non si limita ai prodotti plant-based. Per esempio, la canadese Symvivo è in Fase Uno con il candidato vaccino Covid bacTRL-Spike in cui il DNA che codifica la proteina S del Sars-Cov2 è inserito in un plasmide a sua volta inserito in un batterio conviviale della parte inferiore del tratto digestivo umano (fa parte della nostra flora batterica). La modalità di assunzione è per ora in forma liquida (si beve diluito in acqua), ma l’obiettivo è ottenere un formato simile a quello delle pillole di probiotici che si trovano in farmacia. E uno yogurt al vaccino? Non è escluso che qualcuno ci stia pensando.
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